Atti burocratici, come
permessi ed autorizzazioni, ma anche segnalazioni riservate,
annotazioni su abitudini personali, idee politiche e molto
altro: il regime fascista tenne ben 90.000 fascicoli sugli
abitanti del Dodecaneso italiano, una serie di isole egee
governate dall'Italia dal 1912 al 1947, dove all'epoca vivevano
in tutto circa 130.000 abitanti.
E in questi giorni, 66 anni dopo la fine del dominio
italiano, il locale archivio di Stato ellenico acquisisce
l'archivio del Gruppo Carabinieri Reali - Ufficio Centrale
Speciale, ospitato per tutti questi anni nei locali della
centrale di polizia di Rodi. Documenti che, una volta completato
il notevole sforzo di catalogazione, saranno consultabili dagli
studiosi.
L'Italia, che invase il Dodecaneso nel 1912 strappandolo alla
Turchia, amministrò per 35 anni quello che fu chiamato
"Possedimento italiano dell'Egeo". Gli italiani lasciarono le
isole solo nel 1947, con la firma della pace di Parigi che
concluse formalmente la Seconda guerra mondiale. Il Dodecaneso
venne ceduto alla Grecia con il consenso della Turchia (fino al
1912 aveva fatto parte dell'Impero Ottomano) a patto che fosse
mantenuto smilitarizzato. Atene entrò così in possesso anche di
tutta la documentazione prodotta dagli ex dominatori,
consultabile presso l'archivio di Stato.
Ma fino ad oggi erano noti solo circa 20.000 fascicoli
riguardanti tutti gli aspetti di quell'esperienza di governo -
per alcuni studiosi da non confondere con una colonia -,
dai lavori pubblici al commercio, dagli aspetti finanziari ai
rapporti con le varie comunità religiose.
Il nuovo archivio, invece, contiene circa 90.000 fascicoli
personali che includono informazioni di carattere privato su
italiani, greci, turchi, ebrei e stranieri che vivevano a Rodi e
sulle altre isole. Accanto alle bonifiche, allo sviluppo
agricolo e a rilevanti opere urbanistiche e edilizie, dunque,
gli italiani si dedicarono a mettere stretta sorveglianza gran
parte della popolazione in un incessante lavoro quotidiano di
raccolta dati.
Eirini Toliou, la direttrice dell'archivio, sottolinea
come "sia stato Mussolini stesso a volere questi dossier,
creando un caso unico". Sotto la sua supervisione una squadra di
ricercatori e archivisti si prepara a inventariare il materiale
perché sia messo a disposizione degli studiosi. "Non è possibile
indicare tempi precisi - prosegue la direttrice - anche se il
fatto che lo schedario è intatto ci faciliterà il compito.
Purtroppo, nel corso degli anni alcuni fascicoli sono andati
perduti a causa di interventi esterni di rimozione.
Probabilmente per nascondere alcune storie di collaborazionismo
con il fascismo".
Marco Clementi, ricercatore all'Università della Calabria e
collaboratore dell'archivio di Stato del Dodecaneso, afferma che
la storia del possedimento dovrà essere riletta sotto una nuova
luce: "Dietro quella che è stata una discreta amministrazione si
nascondeva l'oscuro lavoro di una dittatura occhiuta, costretta
a tenere sotto controllo l'intera popolazione per l'incapacità
evidente di dare e ottenere fiducia". Entrando nel merito dei
fascicoli Clementi spiega che "quasi tutti riguardano antenati
diretti di persone che oggi abitano a Rodi. Si tratta di una
specie di album di famiglia". In effetti, i termini per la
consultazione dovranno tenere conto di questa specificità,
rendendo inaccessibili al pubblico dati come stato di salute o
le tendenze sessuali, nel caso fossero presenti nei dossier.
Dal momento che i documenti riguardano in parte cittadini di
religione ebraica - le comunità di Rodi e Kos furono quasi
interamente sterminate durante l'Olocausto - il museo della
Shoah di Washington ha manifestato un concreto interesse per
l'archivio politico. Una delegazione giungerà a Rodi all'inizio
del 2014 per concordare tempi e modi di intervento al fine di
digitalizzarlo almeno parzialmente. Dall'Italia, al momento, non
è giunto alcun segnale di interesse per questa
documentazione. (notizia ANSAmed).
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